Le scogliere sottomarine schiudono paesaggi quasi irreali e favoriscono incontri anche con fantasmagorici organismi come gli astroides e le gorgonie. Estese praterie di Posidonia sul fondo sabbioso dello Stretto si alternano ad alghe di ogni tipo e colore.
Pinne nobilis, anemoni, spugne, granchi, meduse, cernie e stelle marine popolano il microcosmo subacqueo dello Stretto. È un mondo incantato, arcaica dimora di divinità nettùnie, secondo la mitologia classica, poi diventato rifugio di mostri e sirene, per la tradizione marinara.
Nello Stretto vive in un castello nel fondo del mare la Fata Morgana, a cui è collegato l’omonimo fenomeno ottico. E qui si trova il “selvaggio fico” di omerica memoria, traslitterazione della parola greca fukos, che significa alga. Esisteva davvero, già ai tempi di Ulisse, un’alga gigante di superficie, ormai rara nello Stretto. Gli antichi navigatori ellenici pensavano che l’enorme massa verde fosse l’abituale cibo dei mostri Scilla e Cariddi. Le grandi laminarie, che talvolta superano i quindici metri di lunghezza, potevano anche essere scambiati per i fluenti capelli delle sirene.
I fondali dello Stretto nascondono, inoltre, tesori che l’archeologia subacquea è riuscita solo in minima parte a scoprire. Relitti di navi, cocci di anfore e diversi altri reperti di varie epoche sono entrati a far parte ormai dell’ambiente sottomarino, spesso fungendo da comodo riparo per i pesci.
Il cosiddetto “Filosofo di Porticello”, uno dei più antichi ritratti fisionomici greci, costituisce il ritrovamento più sensazionale nelle acque dello Stretto. L’opera bronzea fu rinvenuta nel 1969, fra i resti di una nave greca, nel mare calabrese antistante la spiaggia di Porticello, vicino a Villa San Giovanni. L’intenso volto di vecchio è una delle maggiori attrattive del Museo della Magna Grecia a Reggio Calabria, insieme con i due famosi Bronzi di Riace.
Queste superbe statue di guerrieri, rinvenute nei bassi fondali sabbiosi della costa ionica calabrese, fuori dallo Stretto, sono indiscussi capolavori dell’arte greca del quinto secolo a.C., attribuibili a Fidia o forse opera dello scultore Pitagora di Reggio.
Il traghettamento nello Stretto di Messina assicura il trasporto di persone, veicoli e merci con apposite navi. I primi ferry boats entrarono in funzione nel 1899 e il servizio continua oggi a essere effettuato dalle Ferrovie dello Stato e da compagnie private. Si può viaggiare tra Sicilia e Calabria anche con l’aliscafo. Sullo Stretto fu varato nel 1956 “Freccia del sole”, il primo aliscafo commerciale italiano.
Ai tempi dell’antica Roma assai richieste erano le murene del Peloro, oggi il principe della gastronomia dello Stretto continua a essere il pescespada, che si può cucinare in tanti modi.
Massimo Palumbo in un suo delizioso libretto, “Pesce spada di Sicilia” (Fazzi Editore, Lucca, 2008), riporta ben venticinque ricette. Una delle eccellenze gastronomiche è costituito dagli involtini di pescespada a ghiotta con un condimento a base di pomodoro, cipolla, capperi, sedano e olive, che serve a dare un gusto particolare a questa tipica pietanza mediterranea. Fra gli altri piatti marinari caratteristici della zona c’è la ghiotta di “stocco”, anche se la cattura di questo pesce non avviene nello Stretto.
Tra i pesci invece che si prendono nello Stretto e che rappresentano una specialità della cucina locale figurano, oltre al pescespada, alla ricciola, al tonno, l’aguglia imperiale, la costardella, la spatola e lo “sciabbacheddu”. Nel menù di pesce a tavola non mancano neppure aragoste, triglie, gamberetti, polpi, pettini “surici”, sarde a beccafico, spaghetti con il nero di seppia, crespelle di bianchetto.
Il principe della tavola messinese è il pescespada, che si può cucinare in tanti modi. Uno chef prepara gli involtini di spada a ghiotta con pomodoro, cipolla, capperi, sedano e olive. Al ristorante Bellavista, sulla riviera di Torre Faro, mostrano inoltre quali altri piatti marinari sono tipici della Stretto.